
Lavorano fra le 10 e le 12 ore al giorno, per 3 euro o poco più allo scoccare di 60 minuti, 7 giorni su 7, festivi compresi. E lo fanno sotto il sole cocente o la pioggia battente. Si occupano – la maggior parte dei quali senza alcun contratto – della raccolta di uva, olive, arance, pomodorini, mandorle e ortaggi. E vivono, pagando una media di 100/150 euro a posto letto, in insediamenti che niente hanno a che fare con il significato di casa, ma che sono nelle vicinanze dei campi di raccolta. In Sicilia la manodopera straniera è pari a un terzo della forza lavoro agricola: su un totale di 148.986 lavoratori, 34.555 sono tunisini, marocchini, senegalesi e quasi un terzo cittadini dell’Unione Europea. Secondo i dati del penultimo piano triennale per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza della Regione Sicilia, i contratti agricoli sono per la maggior parte, il 90%, con una durata che va da 101 a 150 giornate. Nel 2021 si è verificato un aumento, pari al 10%, dei lavoratori con contratti con una durata inferiore ai 50 giorni. Non ci sono certezze, ma appare scontato che la diminuzione rifletta un possibile aumento del lavoro fantasma, ossia il numero di ore e di giorni sul contratto stipulato non rispecchia il numero di ore e di giorni effettivi. Ed è sfruttamento. I datori di lavoro o i caporali si approfittano dello stato di bisogno e di vulnerabilità dei migranti che spesso non conoscono l’italiano, né la burocrazia del Paese.
Costretti a restituire parte della busta paga ai datori di lavoro
La Sicilia, Lampedusa per prima, è un luogo unico per capacità d’accoglienza e integrazione. Con il vertiginoso aumento dei flussi migratori dal Nord Africa, a partire dalla cosiddetta “Primavera araba” del 2011, sono però aumentati i fenomeni di marginalizzazione. E a livello economico il tenere a distanza il migrante si traduce nello sfruttamento: lavoro precario, mal retribuito e senza nessuna garanzia contrattuale. I migranti – gambiani e ghanesi e in minor parte guineani e nigeriani – che vivono a Palermo si dedicano principalmente a lavori occasionali nella ristorazione e nel commercio. Sono quelli che vivono in provincia, al primo gennaio del 2023 risultavano essere 32.119 (2,5% della popolazione), a occuparsi di agricoltura. Le stagioni estive sono quelle in cui c’è maggiore richiesta di braccianti. Spesso sono gli imprenditori agricoli a fornire l’alloggio ai lavoratori in zone vicino ai campi. Molti di più, proporzionalmente, i migranti che, sempre all’inizio di gennaio del 2023, vivevano nel Trapanese: 20.576, ossia il 4,7 per cento. È la provincia con la maggiore estensione di vigneti per produzione vino, tante le cantine e le case vitivinicole. Serve manodopera, soprattutto a Marsala e Alcamo, da fine agosto a fine novembre.
Ed è in questo periodo che la presenza di migranti aumenta, anche per la raccolta delle olive. In provincia di Agrigento – stando sempre ai dati Istat – al primo gennaio del 2023 vivevano 14.723 stranieri (3,3%). Grazie alla mappatura degli accampamenti dei migranti, realizzata dagli operatori dei nove poli sociali attivati sull’isola dall’assessorato della Famiglia e delle Politiche sociali della Regione, è stato ricostruito che molti migranti, nel periodo antecedente al rinnovo del permesso di soggiorno (che ha cadenza annuale), vengono assunti con un regolare contratto nelle società agricole che si occupano dei vigneti, ma anche di olive e agrumi. Queste persone sono costrette a pagare i contributi dell’assunzione. Di fatto, la cifra corrisposta in busta paga viene poi parzialmente restituita al datore di lavoro. La minaccia che viene rivolta è inequivocabile e terrorizza gli stranieri: in assenza del contratto non gli verrà rinnovato il permesso di soggiorno. Stranieri vengono utilizzati anche per la raccolta delle pesche, cipolle, pomodoro, albicocche e peperoni.
A Siracusa, dove gli stranieri risultano essere 14.925 (3,7%), è emerso il fenomeno del caporalato 2.0: vengono create cooperative ad hoc durante i periodi di raccolta che vengono chiuse o fatte fallire subito dopo, evadendo gli obblighi contributivi e retributivi. Il migrante, anche in questo caso, è obbligato ad accettare le condizioni di lavoro, cercando di mantenere il permesso di soggiorno. Circa 300 i marocchini che lavorano tutto l’anno, a partire dalla semina. Da febbraio, giungono sudanesi, senegalesi, gambiani e marocchini per la raccolta di patate, fragole, meloni. L’aumento vertiginoso di braccianti, specie nell’area di Cassibile, crea problemi abitativi. Per fronteggiarli, nell’aprile del 2021, Regione, prefettura e comune – coi fondi del Pon legalità – hanno creato l’Ostello di Cassibile che ha 104 posti. È però insufficiente perché spesso ci sono picchi di 200 lavoratori per giornata. Nel 2023, tantissimi migranti si sono ritrovati a dormire fra i campi o in casali abbandonati e diroccati.
L’affitto o il subaffitto di posti letto è troppo caro: 150-200 euro a persona e gli stagionali non possono permetterselo. Storia diversa nelle aree meridionali del Siracusano dove, per la raccolta delle arance, i datori di lavoro affittano posti letto in baracche o vecchie case di campagna. A Cassibile si appoggiano anche i migranti che lavorano ad Augusta e che giornalmente fanno la spola. A Ragusa, dove l’agricoltura ha un ruolo cruciale e dove le coltivazioni si fanno in serra e tutto l’anno, gli stranieri residenti sono 31.633, ossia il 9,8% della popolazione. Nel capoluogo di provincia sono tanti i tunisini che vivono in centro e si dividono in due gruppi: quelli che hanno il permesso di soggiorno e quelli senza. La maggior parte risiede però nelle campagne, vicini alle serre. E lo fanno in condizioni di promiscuità per condividere e sostenere le spese. In provincia ci sono invece, sempre impiegati in agricoltura, soprattutto romeni.
Braccianti stagionali e insediamenti fantasma: la prima mappa
Strano ma vero: l’isola ha la percentuale più bassa di braccianti non comunitari. Secondo il dossier statistico immigrazione, i lavoratori dipendenti non comunitari in agricoltura sono 224.030, il 22,4% del totale. La maggiore concentrazione, il 43,7%, è nel Nord del Paese, nelle regioni del Sud ci si ferma al 25,4% e nelle isole al 10,5%. L’agricoltura è l’attività lavorativa con la più alta percentuale di lavoro “in nero”. La cabina di regia regionale, con il supporto dei creati poli sociali, in un anno ha individuato 45 insediamenti ufficiali, con 4.350 lavoratori stagionali, e 53 fantasma. È stata cristallizzata quindi – e si trova nella pubblicazione “L’emersione dei non-luoghi” (riprendendo il concetto dell’antropologo francese Marc Augé) della Regione – la prima mappa degli insediamenti “informali” che si trovano a Ragusa, Santa Croce Camerina, Pozzallo, Acate, Comiso, Ispica e Vittoria; per il Trapanese ad Alcamo, Campobello, Castelvetrano, Marsala. Petrosino, Castellammare del Golfo, Mazara del Vallo e Salemi. In quella che è una sorta di classifica per quantità di insediamenti fantasma, segue Catania con Caltagirone, Paternò, Randazzo, Scordia, Bronte e Linguaglossa; poi l’Agrigento con Caltabellotta, Canicattì, Casteltermini, Ribera e Sciacca; Palermo con Balestrate, Terrasini, Partinico e Corleone; Caltanissetta con due nel capoluogo e uno a Gela; Enna con Barrafranca, Enna e Piazza Armerina.
Lo scorso giugno sono stati stanziati, dal Pnrr, 35 milioni per archiviare, o tentare di farlo, gli insediamenti abusivi, costruendo o ristrutturando alloggi e per mettere a disposizione servizi di trasporti. Potranno usufruirne otto comuni siciliani delle province di Agrigento, Trapani, Ragusa, Siracusa, Catania, ossia Ribera, Mazara del Vallo, Castelvetrano, Salemi, Petrosino, Ispica, Siracusa, Scordia che ne hanno fatto richiesta. “Ripristinare condizioni di accoglienza civile – dicono Tonno Russo, segretario generale della Flai Sicilia, e Francesco Lucchesi, segretario regionale Cgil – è un importante passo di civiltà e per il contrasto allo sfruttamento del lavoro e al caporalato”.
Accampamenti spesso oggetto di sgomberi
Anche in Sicilia, spesso i lavoratori impiegati nell’agricoltura sono ospiti dei centri d’accoglienza o sono appena fuoriusciti dal sistema d’asilo. In passato è anche emerso che gli insediamenti stagionali erano a poca distanza proprio da centri d’accoglienza, Sai, Cas e Cpr. Questo consentiva ai migranti di appoggiarsi alla struttura, dalla quale magari erano fuoriusciti, per i servizi igienici e la cucina. Gli insediamenti abusivi sono stati spesso oggetto di sgomberi effettuati dalle forze dell’ordine, sia per l’irregolarità dei luoghi, sia perché molti degli abitanti sono migranti che non riescono a regolarizzare la propria posizione, con un titolo di soggiorno, in Italia. Così è stato, ricordando uno degli ultimi casi in ordine di tempo, il 2 aprile del 2024 a Campobello di Mazara quando il sindaco firmò l’ordinanza di sgombero del capannone ex Grigoli (immobile confiscato all’imprenditore di Castelvetrano e affidato al comune) abitato da decine di migranti senza fissa dimora.
L’omicidio nella tendopoli abusiva di Caltabellotta
Una trentina furono invece i migranti sgomberati dalla tendopoli stagionale di via Triokola a Caltabellotta dove il 19 novembre del 2023 venne ucciso un ventottenne marocchino. L’omicidio – stando a quanto all’epoca fu dai carabinieri del comando provinciale di Agrigento – sarebbe scaturito da una lite per futili motivi tra un 34enne, pure lui marocchino, e il 29enne, entrambi irregolari sul territorio nazionale e domiciliati nella tendopoli in occasione della raccolta delle olive. Il 34enne avrebbe aggredito la vittima con un bastone, colpendola ripetutamente in diverse parti del corpo fino a causarne la morte. Allora, parallelamente alle indagini per il delitto, i carabinieri di Sciacca assieme ai colleghi del nucleo Ispettorato del lavoro di Agrigento, eseguirono una serie di controlli all’interno della tendopoli: vennero identificati 9 extracomunitari, tutti marocchini e tutti irregolari sul territorio nazionale.
Omertà e organizzazioni criminali proteggono caporali e sfruttatori
A “proteggere” un fenomeno così tanto diffuso non è altro che l’omertà, una vera e propria rete che fa sì che caporali e sfruttatori neanche si preoccupino del rischio di una denuncia o di un esposto. Omertà, ma anche controllo da parte delle organizzazioni criminali strutturate nel territorio, ha spiegato qualche anno addietro l’allora procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, che s’è sempre occupato dei flussi di migranti dal Nord Africa verso Lampedusa. “Non voglio parlare di mafia, però è sicuro che per potere controllare la forza lavoro in modo così capillare sul territorio occorre avere le ‘spalle larghe’ ed occorre soprattutto una rete di omertà che garantisce di assumere questa forza lavoro senza preoccuparsi che nessuno li andrà a denunciare o che qualcuno farà un esposto”, ha più volte ribadito. Un fenomeno – criminale s’intende – che colpisce in prima battuta i migranti, ma in seconda battuta colpisce anche i lavoratori siciliani che non vengono avviati secondo le procedure e che, di fatto, alterano i meccanismi del libero mercato.
https://www.palermotoday.it/dossier/sociale/sfruttamento-migranti-agrico